Arancine siciliane: storia e tradizione di un piatto iconico

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La Sicilia, terra di straordinaria bellezza e mescolanza culturale, è da sempre una delle culle della gastronomia italiana. Le delizie culinarie siciliane sono il frutto di una tradizione millenaria, arricchita da influenze arabe, greche, normanne e spagnole, che rendono ogni piatto unico e profondamente legato al territorio.

Tra tante prelibatezze siciliane, spiccano le arancine: piccoli capolavori di riso, ripieni e fritti, simboli indiscussi della tradizione culinaria dell’isola. Originarie della Sicilia, le arancine combinano perfettamente semplicità e ricchezza di sapori, conquistando chiunque le assaggi con il loro irresistibile mix di croccantezza esterna e morbidezza interna. In questo articolo scopriremo la loro storia, le varianti e i segreti che le rendono uno dei piatti più amati della cucina siciliana.

Ma anzitutto una domanda: arancine o arancino!? La sfida è veramente ardua!

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L’etimologia: Arancina o Arancino?

Prima di parlare ancora di questa prelibatezza, diamo un’occhiata a come questo saporito street-food dovrebbe essere chiamato. Il nome “arancina” prende ispirazione dall’arancia, frutto dorato e succoso che gli arabi portarono sull’isola durante il loro dominio. E così, immaginiamo queste palline croccanti di riso che con la loro forma tonda e il colore dorato, somigliano a piccole arance pronte da addentare. Un’idea semplice, ma geniale, che ha dato vita a uno dei piatti più amati della cucina siciliana.

Ma la storia non si ferma qui! In Sicilia, non c’è solo un modo di chiamarle, e questo scatena ogni volta una discussione accesa e un po’ agguerrita tra “arancina” palermitana e “arancino” catanese. In realtà, l’uso dei due termini è distribuito in modo variegato in tutta la Sicilia, con “arancina” diffusa non solo a Palermo, ma sicuramente a Trapani e ad Agrigento e anche in altre aree dell’est, ad esempio Ragusa e Siracusa. Allo stesso modo, “arancino” non si limita solo alla zona di Catania, ma si pronuncia  anche in altre parti dell’isola.

Il noto e super affascinante scrittore siciliano Gaetano Basile sostiene che il nome dovrebbe essere al femminile, dato che deriva dal frutto “arancia”, femminile in italiano. Ma molti si oppongono a questa tesi, sottolineando che il termine ha origine dal dialetto siciliano, non dall’italiano. A sostegno di questo, il dizionario siciliano-italiano del 1857 riporta la parola “arancino”, sottolineando la corrispondenza con “arancio”, il genere maschile del frutto in siciliano, ereditata dal latino volgare.

Nonostante il dibattito, i termini sono entrambi grammaticalmente corretti in siciliano e l’Accademia della Crusca ha dato il via libera ad entrambe le versioni.

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La cucina siciliana e la storia dell’arancina

La storia delle arancine siciliane è come una grande avventura gastronomica, senza un vero e proprio inventore, ma con una lunga e affascinante evoluzione. Tutto iniziò durante il dominio arabo in Sicilia (827-1091), quando l’isola ricevette molte influenze culturali e culinarie. Gli arabi portarono con sé spezie e zafferano e così com’è noto erano abituati a preparare un gustoso timballo di riso che servivano ai banchetti più importanti. Questo piatto, condito con carne di agnello e verdure, si mangiava direttamente con le mani, proprio come facciamo noi oggi con le arancine.

Poi la storia continua con la vera rivoluzione, Federico II di Svevia, un re siciliano giovane e brillante che ha inventato l’impanatura, tecnica che non solo conservava meglio il riso e il condimento, ma rendeva il piatto ideale per essere trasportato e gustato durante le battute di caccia o il lavoro nei campi.

C’è anche una spiegazione dietro la famosa forma della deliziosa arancina. A Catania, si è certi di aver inventato una delle varianti più affascinanti delle arancine. Qui, il cono appuntito verso l’alto non è solo una caratteristica estetica, ma un vero e proprio omaggio all’Etna, il maestoso vulcano che domina il paesaggio etneo. La forma appuntita dell’arancino, quindi, non è solo un vezzo culinario, ma un tributo alla forza e alla bellezza naturale del territorio della città, rendendo ogni morso un viaggio nella cultura e nella storia di Catania.

Con il tempo che passa, le arancine si sono trasformate accogliendo all’interno nuovi sapori, come il ragù, che oggi è uno degli ingredienti principali. E così, quella che era una semplice pallina di riso si è trasformata in un’icona della cucina siciliana.

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Le arancine e le tradizioni collegate ad esse

Come sappiamo la Sicilia è ricchissima di cultura, ora diamo un’occhiata a come alcune regioni dell’isola includono questo gustoso timballetto di riso nelle loro feste.

Ogni 13 dicembre, Palermo si trasforma in un vivace evento culinario per festeggiare Santa Lucia; in questa giornata speciale, la tradizione vuole che si abbandonino i cibi a base di farina e si faccia festa con le irresistibili arancine in tutte le loro forme e varianti, accompagnate dalla tradizionale “cuccìa”, dolce tipico a base di grano bollito e ricotta di pecora o crema di latte bianca o al cioccolato. È un vero e proprio festival del gusto: puoi assaporare le arancine classiche al ragù con piselli e carote, quelle al burro con mozzarella e prosciutto, e perfino quelle agli spinaci… c’è chi è arrivato a farcirle con il salmone! Ogni boccone è preparato con tanta passione e creatività, trasformando la città in un tripudio di sapori e tradizione.

A Catania, le arancine prendono una piega tutta locale con specialità come l’arancino alla catanese, ricco di melanzane, e l’arancino al pistacchio di Bronte. Ma non è tutto! In altre zone della Sicilia, le arancine sono soggette a sperimentazioni utilizzando ingredienti originali come funghi, salsiccia, pollo, pesce spada e perfino nero di seppia. E quando arriva la festa di Santa Lucia si trasformano in dolci golosità: arancine al cacao, zucchero, crema gianduia e cioccolato, che fanno la gioia di Palermo e Modica, soprattutto durante la famosa sagra del cioccolato. Qui, le arancine non smettono mai di stupire e deliziare.

 

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Arancine: come la golosità ispira l’opera d’arte

Essendo uno dei cibi simbolo della Sicilia, le arancine non servono solo a coccolare i nostri palati, ma ispirano anche la visione artistica dei creativi isolani e non.
La ricchezza dell’ arancina, unita alla sua storia, sembra aver ispirato il design del marchio di abbigliamento locale di Palermo, Sicooli. Questo brand combina la simbologia iconica e la tradizione con il tocco artistico per promuovere la bellezza dell’isola.

Proprio da questa fusione tra tradizione e arte nasce la collaborazione tra Sicooli, MostraMed, e Mostrami, che insieme lanciano una call artistica per giovani grafici e illustratori under 40. In funzione di questa, gli artisti sono invitati a raccontare la storia e l’energia del mercato di Ballarò, uno dei cuori pulsanti di Palermo, attraverso un’illustrazione che catturi l’autenticità di questo storico quartiere– proprio lì dove le arancine sono prodotte, vendute e consumate in abbondanza! Le opere selezionate decoreranno su una T-shirt della collezione “Tisciart” di Sicooli! Non solo gli artisti metteranno in luce il loro talento, ma potranno anche vincere premi interessanti, con una scadenza fissata al 30 settembre 2024.

Da Palermo a Catania, e in tutta Italia, ogni morso dato alle arancine è un piccolo viaggio tra sapori, creatività e amore per il territorio siciliano. Che si mangino durante una festa o al volo per strada, queste prelibatezze continuano a raccontare storie antiche e moderne, rendendo ogni assaggio un viaggio indimenticabile tra le meraviglie della cucina siciliana.

Lampedusa e le Isole Pelagie

Le isole Pelagie sono un arcipelago del comune di Lampedusa e Linosa, in provincia di Agrigento. Siamo certi che le curiosità che stiamo per raccontarvi stuzzicheranno la vostra curiosità!

Le caratteristiche delle isole

Le isole Pelagie sono situate nel mezzo del Mar Mediterraneo, tra le coste tunisine e le coste siciliane e rappresentano la punta meridionale della penisola italiana. Le isole Pelagie, tra isole, isolotti e scogli, sono 5: LampedusaLinosa (uniche ad essere abitate), LampioneIsola dei Conigli e lo scoglio del Sacramento. Geologicamente, le isole di Lampedusa e Lampione appartengono al continente africano; infatti, insieme ad esempio alle isole Canarie o all’Indonesia, rappresentano un raro caso di arcipelago transcontinentale.

L’isola di Lampedusa

L’isola di Lampedusa è la più estesa dell’arcipelago siciliano delle Pelagie. Questa isola, proprio per la sua vicinanza all’Africa, è caratterizzata dalla presenza di una fauna e una flora in parte originarie del nostro continente e in parte originarie della zona maghrebina. In circa quattro ore, si può effettuare il giro completo dell’isola. Partendo dal porticciolo, procedendo verso ovest, si incontrano splendide spiagge, alcune frastagliate e poco accessibili, ma spettacolari. La costa è ricca di segrete insenature e anfratti, nascosti dentro l’acqua, che creano effetti di grande suggestione. Sicuramente, Lampedusa è riconosciuta a livello nazionale e internazionale per aver aiutato e soccorso decine e decine di migranti; nel 2012, infatti, Lampedusa ha ricevuto la medaglia d’oro al valor civile da parte della regione siciliana e nel 2015 la medaglia d’oro al merito da parte della Croce Rossa italiana.

Le spiagge di Lampedusa

Lampedusa è conosciuta in tutto il mondo per le sue splendide spiagge e scogliere, per la sua vegetazione tipica e per la ricchissima fauna. La spiaggia dei Conigli è uno degli angoli più incantevoli della Sicilia e del Mediterraneo, grazie alla sua bellezza e al fascino della sua terra e del suo mare intatto e azzurrissimo. Le tartarughe Caretta Caretta vi depongono le proprie uova, che si dischiudono durante l’estate, rinnovando il mito della vita proprio sotto gli occhi dei bagnanti e dei volontari del WWF, che ne controllano e ne proteggono tutte le fasi. Sull’isola è presente una riserva naturale, che comprende proprio la spiaggia dei Conigli oltre alla limitrofa isola dei Conigli, la costa e la macchia mediterranea.

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Questa era una piccola anteprima dello splendido arcipelago delle Isole Pelagie! Venite a scoprire questi posti meravigliosi questa estate… vi stanno aspettando!

Le donne e i proverbi in Sicilia

I proverbi rappresentano un sapere tramandato, ispirano modi di essere, influenzano la lingua e i gesti delle persone. L’anima siciliana è tra quelle che maggiormente si esprime al meglio attraverso di essi e molti sono dedicati alle donne.

I proverbi: luoghi comuni o verità?

Secondo alcuni, i proverbi sarebbero modi filosofici per esprimere luoghi comuni, cose ovvie. Secondo altri invece, come noi di Sicily and Sicilians, sono espressioni del mondo popolare, un patrimonio culturale che raccoglie e racconta le esperienze dei popoli. Poche parole incisive che riassumono verità della gente comune. Non si sa chi li abbia inventati o la loro provenienza. A volte si presentano sotto forma di similitudini, altre in rima: in ogni caso, esistono in ogni parte del mondo e spesso cambiano anche da comune a comune, da paese a paese. Sono testimonianza diretta dei tempi passati e del modo di vivere e credere di un popolo.

La figura delle donne in Sicilia

La Sicilia è ricca di proverbi e molti di questi riguardano la donna. La figura femminile è strettamente collegata al ruolo di moglie e di madre. Tuttavia, sebbene l’uomo sia il capofamiglia, è la donna la regina della casa e ad essa spettano i compiti principali di nutrire e allevare la prole. Infatti è uso dire: “A casa, senza a fimmina, ‘mpuvirisci“, che significa: “La casa, senza la donna, impoverisce” oppure “La bona mugghieri è a prima ricchizza di la casa“, cioè “Una buona moglie è la prima ricchezza della casa”. La “Fimmina“, secondo il prototipo siciliano, deve possedere qualità precise: deve essere onesta (“Muggheri onesta, trisoru ca resta” cioè “Moglie onesta, tesoro che resta”), pudica (“A fimmina ca havi russuri, attira chiù d’i ricchizzi” cioè “La donna attira più col suo pudore, che con le sue ricchezze”), fine e gentile (“Fimmina bona, vali chiù di ‘na corona“, cioè “Una donna fine, val più di una corona”), silenziosa e discreta (“E’ bona donna, donna chi nun parra“, cioè “E’ una donna buona la donna che parla poco”).

Esistono ancora i proverbi?

Purtroppo, con il trascorrere degli anni, proverbi come quelli sopra citati e tanti altri stanno scomparendo, soprattutto a causa dell’avvento delle nuove tecnologie, che hanno permesso lo sviluppo di un linguaggio sempre più breve, compatto, povero, dove bisogna comunicare nel minor tempo possibile. Sarebbe bello se questi proverbi, siciliani e non, patrimonio culturale e storico, fossero raccolti in uno spazio, fisico o digitale, affinchè possano essere consultati anche dalle generazioni a venire.

Se siete interessati, qui trovate un elenco dei 100 proverbi siciliani più divertenti, con la loro relativa traduzione.

Potete consultare il nostro Dizionario Siculo – Italiano per conoscere tante parole del nostro splendido dialetto!

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Questi erano solo alcuni proverbi sulla donne in Sicilia… e voi conoscete altri proverbi siciliani? O proverbi particolarmente usati e divertenti nella vostra regione? Scriveteci!

Il Presepe in Sicilia

I Presepi sono il simbolo del Natale italiano per eccellenza, assieme all’Albero. Le statuette e le tradizioni legate ad esse sono diverse in tutto il mondo. Molti la considerano una vera e proprio arte. Il Presepe in Sicilia è una tradizione che si tramanda di generazione in generazione. In questo articolo vi vogliamo raccontare qualche curiosità legata ad esso!

Qualche curiosità sul Presepe in Sicilia

Il presepe siciliano ha tratto forte ispirazione dai maestri napoletani. Le figure, infatti, venivano realizzate in legno, fil di ferro e vestiti di stoffa. Tra le particolarità siciliane, bisogna ricordare la ceroplastica, antica tecnica di lavorazione della cera, per realizzare le figure, e l’uso di accessori in oro e argento per la statuina del Bambino Gesù. Nel corso degli anni, ai personaggi tradizionali della Sacra Famiglia furono aggiunte anche figure della cultura contadina. Ecco qualche esempio: “a nanna cu li puddicini” (la vecchia con i pulcini), “lu ricuttaru” (il ricottaio), “lu furnaru” (il fornaio), “lu pasturellu” (vezzeggiativo di pastorello), “la lavannara” (la lavandaia), ecc.

Inoltre, ci sono due figure caratteristiche che non possono mancare nel Presepe di ogni casa siciliana: lo “U Scantato” e “U lagnuso“. Il primo, lo “Scantato“, lo “Spaventato”, è immobile, le braccia larghe, il cappello in mano, lo sguardo smarrito e incantato. Si trova all’ingresso della grotta, proprio davanti al bambinello, ed esprime lo stupore legato alla Santa Natività. Il “Lagnuso“, il “pigro”, l'”addormentato”, è un personaggio tipico che rappresenta quello che venne poi risvegliato dall’angelo e destinato a diffondere la notizia dell’evento tra i pastori.

Il presepe di Trapani

Una delle aree in cui è più viva ed originale la tradizione del presepio è Trapani. Qui, i maestri trapanesi realizzavano singoli pastori o rappresentazioni presepiali di varie dimensioni, in particolare per le chiese e le dimore della ricca nobiltà nei secoli XVII e XVIII. Diversi materiali, soprattutto nobili come il corallo, l’avorio, la madreperla e l’alabastro, erano utilizzati dai maestri per la realizzazione delle loro opere. Alcuni dei più preziosi sono conservati oggi nel prestigioso Museo Pepoli, che ha sede nei locali dell’ex convento dei Padri Carmelitani.

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Questo era il nostro approfondimento sul Presepe in Sicilia e le loro tradizioni! Rimanete aggiornati sulle tantissime curiosità nei prossimi articoli! Se avete intenzione di fare un tour tra i presepi tradizionali siciliani, ecco tutte le mostre in programma!

La festa di Santa Lucia a Siracusa

Quando pensiamo alla Sicilia, ci vengono subito in mente le sue spiagge cristalline, il suo patrimonio artistico e culturale e il suo buon cibo. Ma non tutti sanno che una delle sante più amate e venerate a livello italiano è siciliana. Parliamo della festa di Santa Lucia, patrona della città di Siracusa.

Il culto di Santa Lucia

Santa Lucia, protettrice dei ciechi e della vista, è oggetto di culto sin dal 1600, periodo storico caratterizzato da una grave carestia. Avendo invocato l’aiuto della Santa, i siracusani ne avevano portato in processione il Simulacro. Un volo di quaglie, proveniente dal porto, preannunciò l’arrivo di navi cariche di cereali. Si gridò al miracolo: i cittadini si sfamarono cuocendo il grano direttamente, senza macinarlo. Questo avvenimento spiega il motivo per cui ancora oggi, in diverse zone della Sicilia, il 13 dicembre, festa della patrona, non si mangi né pasta né pane, ma si preferisca gustare altri piatti tipici, come la ”Cuccia”, di cui esistono molteplici varianti. Il dolce dedicato alla Santa ha come ingrediente principale, appunto, il grano bollito, che viene abbinato alla ricotta o alla crema di latte.

La festa di Santa Lucia

Il 13 dicembre si tiene anche una processione in cui i devoti, a piedi scalzi, si recano alla Cattedrale al Sepolcro nella Chiesa di Santa Lucia. Una sontuosa recita, che si svolge la seconda domenica di agosto, coinvolge tutto il paese si tiene a Savoca (in provincia di Messina, paesino di cui Santa Lucia è patrona). Una bimba interamente vestita di bianco, che tiene tra le mani una piccola palma di argento, in ricordo del martirio della santa, viene portata in spalla da un uomo per fare tre volte il giro del paese. Nel mentre, altri personaggi cercano di farla cadere in tentazione, mentre la bambina deve cercare di resistere a qualunque di esse.

Il martirio di Santa Lucia

La storia del martirio di Santa Lucia è strettamente collegata a quella di Sant’Agata: secondo la tradizione, Lucia, per salvare la vita di sua madre Eutichia, fece voto di castità dinanzi al sepolcro di Sant’Agata, patrona di Catania. Lucia tornò a Siracusa e, con grande sorpresa, scoprì che la madre era guarita. Lucia, perciò, devolse tutti i suoi averi in beneficenza. Rinunciò persino al matrimonio e, mancando alla promessa di matrimonio avanzatele dal fidanzato, si strappò gli occhi e glieli donò, affinchè lui potesse ancora godere della sua bellezza. E’ per questo motivo che è protettrice dei ciechi e della vista. Il fidanzato, tuttavia, la denunciò e fu condannata al rogo. Venne, alla fine, decapitata, in quanto le fiamme non furono abbastanza alte da raggiungere il suo corpo. I resti della Santa si trovano presso la chiesa di San Geremia a Venezia; solo nel 2004, durante il 17° centenario del suo martirio, vennero riportati per pochi giorni a Siracusa.

Qui troverete altre informazioni riguardanti la festa, sicuramente una delle più importanti e frequentate di Siracusa.

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La festa dedicata a Santa Lucia attira ogni anno folle di persone; siamo sicuri che ne rimarrete piacevolmente sorpresi anche voi!

[:it]Festival da non perdere in Sicilia quest’estate![:en]Festival that you cannot miss in Sicily during the summer months![:]

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[:it]I festival sono un’ottima occasione per passare le calde giornate estive in compagnia della cultura e anche in questo caso la Sicilia offre tantissime opportunità tra cinema, teatro, musica ed arte.

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