Cittadinanza attiva e volontariato: flash interview a Retake Palermo!

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C’è chi si limita a denunciare ciò che non va, richiedendo maggiore educazione civica e cura del territorio siciliano… e chi invece decide di sporcarsi le mani per cambiare le cose, un passo alla volta! A Palermo, Retake è diventato in pochi anni un simbolo di cittadinanza attiva: un movimento fatto di volontari, scuole e comunità che hanno scelto di prendersi cura della città, dalle spiagge ai quartieri, trasformando rabbia e frustrazione in azioni concrete.

Abbiamo voluto intervistare Marco D’Amico, responsabile  di Retake Palermo, per conoscerne la missione e i sogni di chi crede che bellezza, educazione civica e responsabilità condivisa possano davvero ridisegnare il futuro della città.

Buona lettura!

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1. Ciao Marco! Innanzitutto, per chi volesse conoscervi di persona, sabato 20 settembre dalle 17 sarete allo Scalo Vecchio dell’Arenella; di che iniziativa si tratta?

Sì, ci troverete allo Scalo Vecchio dell’Arenella per il World Cleanup Day, un’azione civica dedicata alla pulizia e alla salvaguardia del nostro pianeta a cui hanno aderito 193 Paesi e milioni di volontari di ogni angolo del globo per ripulire spiagge, parchi, strade e aree inquinate.

2. Togliamo la curiosità ai nostri lettori partendo dalle basi: come descrivereste Retake a chi non lo conosce ancora? Qual è la vostra missione principale?

Retake è un movimento che parte dalla base dei territori, formato da un gruppo di folli visionari che ha deciso che non è più tempo di lamentarsi sui social di tutto ciò che non va bene – pur essendocene motivo – ma che è meglio mettersi in gioco per la propria città, per renderla più bella e accogliente, senza aspettare che lo facciano altri, compreso chi dovrebbe farlo come dovere.

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3. Retake nasce come movimento di cittadinanza attiva. Da dove viene l’idea e cosa vi ha spinto a trasformarla in un progetto così diffuso?

Come hai detto tu inizialmente eravamo un gruppo spontaneo di amici che animati da un senso di rabbia è sceso in strada a ripulire una fermata del tram – infrastruttura che ancora doveva essere inaugurata – che qualcuno aveva imbrattato, riempiendola del solito “SUCA”. Come dicevo, animati da un senso di rabbia, l’abbiamo ripulita e abbiamo pubblicato qualche foto sui nostri social. Nel giro di poche ore siamo stati invasi di messaggi di persone che non solo si complimentavano, ma volevano unirsi a noi per rifare la stessa cosa il week end successivo in altre zone della città. Nelle settimane successive da tre che eravamo inizialmente, siamo diventati, cinque e poi dieci e poi venti… Inizialmente non ci siamo preoccupati di costituirci in associazione, ma quando qualcuno ci ha contattati per donarci soldi e materiali a quel punto abbiamo preferito fermarci un attimo, farci consigliare e costituirci in Organizzazione di Volontariato per rendere tutto, soprattutto i “piccioli”, trasparente. E anziché fondare l’ennesima associazione con l’ennesimo nome, abbiamo guardato cosa già esisteva in giro per l’Italia, abbiamo contattato quelli che oggi sono i nostri fratelli maggiori di Retake Roma che ci hanno concesso logo e nome e da lì è partita la nostra avventura.

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4. Secondo voi, è un caso che questa iniziativa abbia trovato terreno fertile in una città come Palermo? Se presenti, quali sono le differenze con le altre città dove Retake è presente?

No, nulla avviene per caso, soprattutto a Palermo; il terreno fertile che abbiamo trovato è dovuto al fatto che, a fronte di tanti incivili, inutile girarci attorno, sono tanti, troppi, c’è una forte componente di civismo attivo che vuole bene a questa città e non ci sta a lasciarla in mano a quelli che molti chiamano “panormosauri” – espressione di critica nei confronti dei palermitani che svolgono azioni degradanti nei confronti della città e della comunità. In questi anni abbiamo imparato a conoscere le differenze con le altre città Retake d’Italia (ad oggi sono 55), ognuna ha le sue peculiarità, per esempio c’è il gruppo di Bari che è fortissimo sui murale, il gruppo di Roma sulle rigenerazioni dei parchi, poi ci siamo noi che andiamo forte, inutile dirlo, sulle spiagge, ma soprattutto, ed è il nostro orgoglio, nelle scuole: solo lo scorso anno scolastico abbiamo tenuto circa mille ore di educazione civica in diversi istituti scolastici di ogni ordine e grado.

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5. L’iniziativa è stata portata avanti in collaborazione con enti pubblici, privati e di beneficenza. Quanto è importante entrare in sinergia con questi? 

È fondamentale perché da soli, con tutta la buona volontà che si possa avere, non si va da nessuna parte.

6. Molti associano Retake alle giornate di pulizia dei quartieri, ma in realtà siete molto di più. Come raccontereste la vostra identità in poche parole?

È vero, per molti siamo “chiddi ca puliziano” – espressione siciliana che significa “quelli che puliscono” -, ma per fortuna questa nomina, che non ci offende ma non ci descrive, piano piano sta cambiando. Noi amiamo definirci come la più grande palestra d’Italia di educazione civica.

7. Le vostre azioni si basano sul concetto di “prendersi cura della città”. Che significato ha per voi questa espressione?

Per noi è tutto, sta alla base della nostra azione di volontariato, sociale e politica. Dove per politica non intendiamo quella dei partiti (pensa che in Retake c’è gente di qualsiasi orientamento partitico) ma quella dei greci, ed anche la res publica dei romani. Ma adesso basta altrimenti chi vi legge si annoia.

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8. Avete spesso a che fare con scuole, famiglie, associazioni. Quanto è importante per voi educare alla cura dei beni comuni sin dall’infanzia?

Ti dico solo che oggi oltre il 70% delle nostre azioni si svolge nelle scuole. Perché perdere tempo con un 50/60enne che difficilmente si farà guidare da un gruppo di giovani, che vedrà sempre come “picciriddi” – in italiano: “bambini”, “ragazzini”? Ragazzi diffidate da chi vi dice che siete il futuro, voi siete il presente, ora.

9. Il vostro progetto si fonda sul volontariato che a noi tanto piace. Come motivate le persone a tornare, a sentirsi parte di una comunità e non semplici “ospiti” di un evento?

Avete risposto voi: perché non sono semplici ospiti ma protagonisti e forza motrice. Noi non lavoriamo a chiamata. Noi lasciamo cadere nel nulla messaggi come “Vicino casa mia c’è una discarica, andate a pulire?”; non ci interessano questi messaggi; noi non siamo la Rap o il Comune e nemmeno vogliamo sostituirci a loro. Al contrario, a noi piacciono messaggi in cui le persone si mettono in gioco personalmente, magari coinvolgendo amici o vicini di casa, chiedendo a noi aiuto, anche sui materiali o sui permessi. È questo che piace di Retake.

10. Oggi il progetto si è esteso a 55 città in tutta Italia. Qual è il “fattore X” che ha determinato questo successo e la sua scalabilità?

La risposta sta in tutta l’intervista. Tre anni fa abbiamo voluto creare la Fondazione Retake Italia, per coordinare la comunicazione e gli aspetti legali, ma il fattore X sta nelle specificità delle singole città, dei singoli volontari che non vogliono arrendersi alle bruttezze. Sono loro la forza di questo movimento.

 

Se questa flash interview vi ha interessato, vi consigliamo di raggiungere domani Retake Palermo o qualora non poteste, correre a leggere l’intervista dedicata all’hub culturale e sociale siciliano Epyc Palermo che offre, in città, spazi, strumenti e comunità a chi vuole immaginare un futuro diverso.